giovedì 17 marzo 2011

HARDCORE SUPERSTAR – Split your lip [Nuclear Blast]


Sono carico di testosterone. Sono un uomo. Vivo ai margini. Chi ama il tipo di musica che produce il quartetto Svedese (Che è poi la stessa gente che vive di hard-punk nordico di Turbonegra erezione) deve averlo pensato qualche volta nella vita, io in primis. Chi ama questa roba dicevo, la ama perdutamente, ed è gente talmente carica di rivalsa nei confronti del sesso opposto, da buttarsi in stage diving sul palco solo per limonare con la Ruyter (Perchè simboleggia quello stereotipo di donna free e rock che non esiste in natura, con la quale poi nessuno prenderebbe neppure un caffè il giorno seguente) ai concerti dei Nashville pussy.

Split your lip è “la” spacconata definitiva. Fin dalla copertina. Macho? No l'esatto contrario, vendicativo. Ve li ricordate quando in “Bad sneakers and a pina colada” fecero copulare i Motley di Dr. Feelgood con quelle ballate alla “Someone special” da fare invidia agli Oasis? Bhe, Se voi e la vostra ragazza vi siete bagnati le mutandine in quella occasione, questa volta non prestate il disco a nessuno, perchè qui il “pacco” vi si gonfierà come si gonfiano le gole di quei rettili pronti alla sfida per amore. Succederà perchè nel frattempo il suono è passato attraverso la macina di ferro di cinque dischi, lasso di tempo durante il quale i nostri oltre ad aver fagocitato i soliti Kiss, immancabili nei loro dj set che a volte propongono dopo o prima i concerti (Con l'unico scopo di conquista) hanno variato la dieta musicale verso l'heavy.

Quindi porte spalancate a roba come “Sadistic girl” pensando a quando quella marcia della vostra ragazza vomitava in bagno perchè l'ansia la dilaniava o quando con le vene tagliate vi chiedeva aiuto e a voi che stavate con lei solo perchè non c'era altro da fare, vi veniva facile proteggerla. Un vero inno, come dice il mio amico Mario che non conoscete ma del quale spesso fidarsi è d'obbligo. Avanti con “Moonshine” in onore delle vergini del liceo, perfette come un quadro di Modigliani e aride come il campo di mio nonno d'estate, prima di sputtanarselo. “Don't talking 'bout moonshine, don't talking 'bout white wine” please. E' un canovaccio hard-rock che trova nei vocalizzi di Berg quella pienezza che non saprei come descrivere se non come: versi di felini malati africani, dei quali non posso deliziarvi essendo un testo scritto.

I fumi alcolici in “Last call for alcohol” sanno oltremodo di amicizia teppista, e quando comicia il solo di batteria della title track, l'america più esibizionista si impossessa dei biondi. Esplosioni boogie e filamenti elettrici nell' etere precedono un esplosione mirata di melodia rock da pelle d'oca. E poi ancora boogie e di nuovo melodia prima del secco “Split your lip”. Se fosse una canzone dedicata alla fellatio costretta nei confronti qualcuno di cui non porti un bel ricordo, sarebbe fantastico. “What did i do” invece è la splendida ammissione di impotenza difronte alle lacune mnemoniche post sbornia.

Concludo non nascondendo la presenza di due traccie acustiche che viaggiano aderenti al discorso lirico di cui sopra, tali “Here comes that sick bitch again” (Visto il titolo si commenta da sola) e “Run to your mama” che a mio avviso chiude perfettamente il cerchio affettivo. Un vero concept sulla condizione del rocker inteso sia come fruitore che come artista. Lo sfogo di un mondo outsider, splendidamente hard, boogie, punk, svogliato e sincero, suonato da veri maestri rock, ai quali va tutta la mia stima e affetto.

1 commento:

Rillos Garage ha detto...

MMMMM bene bene interessante sto dischetto

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