sabato 29 settembre 2007
Racconto di un concerto mai visto.
Negli ultimi anni oltre ad assodarne la mediocrità artistica, ho scoperto al contempo una voracità inedita nello spirito adolescenziale. Non che in passato la sbobba fosse diversa, solo meno variegata. Nella mia Cesena ad esempio, da sempre sono presenti due fascie che influenzano mode, comportamenti e mandano avanti l'industria del " Lo devi fare/avere altrimenti sei out ". Sono gli under 16 e gli under 30, e questo viene applicato a tutto quello che depone a favore di una possibile rivalsa personale nei confronti di chi non c'era o di chi non possiede, così all' infinito. Nel periodo dell' adolescenza a cavallo degli anni novanta, ricordo nitidamente che Kurt Cobain aveva ancora una faccia ed era stampata sopra ogni maglietta esposta nelle bancarelle del mercato rionale. Benchè impazzasse il grunge, a Cesena , la moda era il punk melodico. La mia città era invasa da una mania ( under 16) punk, pratica e visiva. Adatta a bimbi e a bimbe, uniforme e performante, personalizzabile. Un pò come comprarsi una barbie, vestirla di fuxia e verde fluo, aggiungere borchie e portarla ad ogni concerto dei Nofx. Obsoleto. Ricordo che vigeva anche una sorta di caporalato ( cornucòpia dell' adolescenza, ovvietà ) impersonato da elementi spesso poco più grandi, pronti ad inserire la leggenda all' interno di questa scena raccontata nelle pagine di rock sound. Questi facevano cinema, o meglio raccontavano la versione urbana di leggende molto simili ai racconti dell' orrore, decantati dagli scout al cospetto di un fuoco di montagna. Le leggende erano tante, ma quella che portò più scompiglio nella mia ridente cittadina, fù la storia di gruppo americano, i Gorilla biscuits. Associata alla pratica straight edge. La band americana, pilastro dell' old school hardcore era veramente qualcosa di onesto e sincero, e con la storia dello straight edge aveva abbindolato più coscienze della chiesa cristiana, fino a rendere la pratica stessa più importante della musica. Uno status superiore, che trasposto nella nostra visione sempliciotta e contadina, sembrava quasi una versione light di fascismo corporale. Bene, passarono gli anni, ne bastarono uno o due per far si che la normale lobotomia televisiva di routine, sponsorizzasse nuovi strumenti per la rivalsa, scremando da Cesena la grande massa di aggregati, e lasciando legati a questa realtà solo quelli che nel frattempo ci erano rimasti sotto, ovvero tutti gli straight che nel frattempo eran diventati anche vegani rischiando la vita, e tutti quelli che essendosi fatti un tatuaggio degli H2o, dovevano giustificare il fatto. Si sapeva gia da qualche mese, e senza intoppo alcuno, per la gioia di tutti gli hardcoriani, trapela la notizia che non solo i Gorilla si sarebbero riformati, ma che sarebbero giunti in romagna per un concerto al velvet di Rimini. Delirio. Improvvisamente, non so per quale diritto divino, gente che sta allo straight edge come la red-bull alla camomilla, si rigetta nella mischia per i loro vecchi beniamini, come un flashback imposto dai pochi neuroni rimasti che girano il loop. Ho saputo che c'erano proprio tutti, appassionati e non, per un rendez-vous finale, che scriverà la vecchia moda / periodo di un tempo nel libro d' oro delle mode cool della mia cittadina . Io non ci sono andato, Anche perchè diciamoci la verità, se possiedi un libro di Woody Allen non è così facile separarsene.
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sabato 22 settembre 2007
Cheater slicks / Whiskey
L' ultima volta che ho sognato di intervistare Jon Spencer, ho finito per incluedere anche Cristina Martinez, vestita ma con una banana in bocca. Sapete come sono i sogni no? Ecco. Se ne stavano lì appoggiati al bancone del bar, lei con una banana in bocca, lui vestito da bounty killer. Bevevano e fischiettavano un motivetto da così tanto tempo che ho notato in un angolo, il barista esausto più volte tentare il suicidio con mentos e Coca cola. Hey Jon ! Faccio io, come se fossimo amici di vecchia data, il tuo motivetto ci ha uccisi, se vuoi la mia intervista smettila e sediamoci. Lui, siccome è il mio sogno, lo fa. E fa bene visto che l' ultimo rocker che ha dissubidito ad un mio ordine impartito durante un sogno, si è trasformato all' istante in Babar l' elefantino animato, protagonista di una serie in onda anni fa sulle reti Rai. Jon e Cri mi raccontano che da quando sono stati l' ultima volta a Boston, se ne sono tornati indietro con una band che ritenevano perfetta per aprire gli show dei Boss Hog, e che risultava impossibile non cantare una delle loro nenie al napalm mentre si tracanna birra. I Cheater slicks. In realtà i Cheater aprivano veramente gli show della band di Cristina e forse con un pò di fortuna anche il mio sogno possiede un fondo di verità. Il vero problema dei miei sogni però, è che influiscono anche sulla realtà, infatti subito dopo essermi svegliato ho messo sul piatto " Whiskey " e mi sono convinto di una cosa, e cioè che la In the red con loro ha inaugurato la stagione della " Cacofonia garage ". Nel loro primo lavoro gli Slicks, ragliano e deragliano in territori crampsiani mediante una pazzia indolente che non risparmia sfuriate improvvise e momenti di jam schiacciasassi " Thinkin' some more ". In " Possession " arrangiano l'attitudine Mudhoney di Superfuzz bigmuff con il fuoco della follia delirante, mentre " Indefinite inhibition ", sarebbe perfetta come colonna sonora di uno spot che reclamizza il manicomio statale. Forse, a pensarci meglio Jon e Cri canticchiavano proprio questa.
venerdì 21 settembre 2007
La teoria dell' accontentare, accontentandosi di non essere pienamente contenti: banalità in loop che addomesticano la bestia.
Avete mai parlato con vostro nonno di musica? Io si. Certo, posso dire di essere stato fortunato visto che Gino possedeva una sterminata collezione di dischi in vinile rigorosamente di musica lirica. Li puliva spesso credo, e aveva un metodo. Acqua e sapone, del resto il consiglio veniva direttamente dal fantomatico signor Garcia di New York, negoziante di vinile dal quale si recava spesso prima di tornare a casa in Romagna dal Venezuela. La cosa che mi ha sempre fatto sorridere di mio nonno , oltre al fatto che riusciva a bere una ceres in pochi secondi, era la sua simpatia pacata e nobile. Un perfetto incrocio tra il più signorile divo di Hollywood e un contadino romagnolo. Celava in ogni sillaba quella sicurezza tipica di chi ha girato il mondo e spesso parlava di musica in assoluto, come se avesse trovato la soluzione definitiva al concetto di bellezza applicato alla melodia. Adoravo quei racconti, mi sentivo come Harry Carney mentre tra un sorpasso e una sterzata sorrideva felice alle battute dell' amico Duke Ellington durante i viaggi che l' orchestra sosteneva. Ellinghton diceva spesso : “Esistono solo due generi di musica: quella bella e quella brutta” riassumendo in una frase estremamente perentoria e senza scappatoie, anche il Gino pensiero. Una visione liberatoria della disciplina musicale, che prende forma ancor meglio se vista sotto il profilo dolorante di una generazione a cavallo di due guerre, disturbata da un carico di dolore che ha spesso favorito nella popolazione comune il rilancio del " lieve " , del godibile per istinto. Questo in buona forma spingeva il loro concetto di bello, un bello sano, genuino come lo può essere un ruscello limpido di montagna dove rinfrescarsi la mattina. Qualche giorno fa sono stato informato della presenza di un nuovo " Format " proposto da Radio capital, Whatever. Il programma condotto da Luca de Gennaro, pone come manifesto proprio la frase di Ellinghton spiegandone la scelta cosi:
" Su questa massima nasce “Whatever”, programma serale di Radio Capital dedicato al primo dei due generi: la musica bella. Non importa se vecchia o nuova, rock o pop, lenta o veloce, italiana o internazionale. Noi suoniamo “Whatever”, basta che sia buono. A “Whatever” potrete ascoltare dai Genesis agli Editors, da Elvis Costello agli Shins, dai Fleetwood Mac agli Arcade Fire. E’ uno show radiofonico come quelli che si facevano una volta "
Ora, ovvia risulta la provocazione (?) o meglio, quello che dovrebbe saltarci alla mente con una premessa del genere, e sembrerebbe piacevole, intraprendente quasi genuino il richiamo. Ma poi mentre discuto su altri blog che trattano l'argomento come se per radio trasmettessero tutto il Woodstock minuto per minuto, mi accorgo lentamente, lentamente, lentamente che il mio stomaco borbotta. Sono conati. Sapete cosa c' è? Sapete cosa? Mi schiaccia la testa. Passi il programma, che ha un "target" e che come tutte le cose pre fabbricate ( è così che lo si voglia o no) possegga la peculiarità di essere un prodotto per l' utenza di Radio Capital, ma che non ci sia una e ribadisco una trasmissione radiofonica a livello nazionale che smuova e promuova il concetto di arte totale con annessi rumori cacofonici rantoli e slanci del cuore mi sembra castrante. Hey belli la guerra è finita da un pezzo, o avete voglia di fare anche voi massacri preventivi in bush-style per rendere concettualmente accettabile sta roba nel 2007??
La bella musica è bella sempre.
Non ci sono più le mezze stagioni.
Si stava meglio quando si stava peggio.
Amen.
Vado ad ascoltare i Pussy galore.
" Su questa massima nasce “Whatever”, programma serale di Radio Capital dedicato al primo dei due generi: la musica bella. Non importa se vecchia o nuova, rock o pop, lenta o veloce, italiana o internazionale. Noi suoniamo “Whatever”, basta che sia buono. A “Whatever” potrete ascoltare dai Genesis agli Editors, da Elvis Costello agli Shins, dai Fleetwood Mac agli Arcade Fire. E’ uno show radiofonico come quelli che si facevano una volta "
Ora, ovvia risulta la provocazione (?) o meglio, quello che dovrebbe saltarci alla mente con una premessa del genere, e sembrerebbe piacevole, intraprendente quasi genuino il richiamo. Ma poi mentre discuto su altri blog che trattano l'argomento come se per radio trasmettessero tutto il Woodstock minuto per minuto, mi accorgo lentamente, lentamente, lentamente che il mio stomaco borbotta. Sono conati. Sapete cosa c' è? Sapete cosa? Mi schiaccia la testa. Passi il programma, che ha un "target" e che come tutte le cose pre fabbricate ( è così che lo si voglia o no) possegga la peculiarità di essere un prodotto per l' utenza di Radio Capital, ma che non ci sia una e ribadisco una trasmissione radiofonica a livello nazionale che smuova e promuova il concetto di arte totale con annessi rumori cacofonici rantoli e slanci del cuore mi sembra castrante. Hey belli la guerra è finita da un pezzo, o avete voglia di fare anche voi massacri preventivi in bush-style per rendere concettualmente accettabile sta roba nel 2007??
La bella musica è bella sempre.
Non ci sono più le mezze stagioni.
Si stava meglio quando si stava peggio.
Amen.
Vado ad ascoltare i Pussy galore.
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mercoledì 19 settembre 2007
Zico chain / Food
Ed infine ti rendi conto che sta succedendo. Il rock risponde. E' bellissimo quando è tutto genuino, questa volta poi sono solo l' ultimo intreccio di una catena di passaparola appassionato, e come tutti gli altri incastri sento forte il bisogno di seminar spore. Il mio amico Mario è uno di quelli che sa osare nelle scelte, sembra quasi che a volte voglia di proposito toccare con le parole i fili che sorreggono la mia estetica in campo musicale, lui mi vuole bene lo fa per smuovermi. Fatto sta che quando mi appassionò con il suo consiglio scritto io già pensavo all' ultima volta che mi tirò fuori per i capelli dal periodo più arido della mia esistenza scritta. Di solito lo fa citando Lester, sa che mi tocca nei sentimenti. " Guarda come trattava Jim Morrison era l' unico che avesse il coraggio di farlo ! " disse. Cosa significa? significa che ci vuole coraggio oggi nell' arte. Coraggio! ci vuole coraggio e io parlo soprattutto alle generazioni del " Love mainstream ". Ragazzi Quand'è l' ultima volta che avete scoperto un gruppo nuovo senza l' ausilio di un giornale o di un sito specializzato? Pensateci mentre vi parlo di Zico chain. Dai, ve lo dico subito " Food " è uno dei dischi presenti nella mia etichetta virtuale, in compagnia di artisti del calibro di Silver, Nick Olivieri e Towers of london. Ora chiudete gli occhi e pensate ad un trio Londinese, che spacca alla maniera dei Mudhoney ma con un piglio " street " decadente, che vede il punk scorrere nelle vene e lo smuove ballando al tempo di Nevermind, in vinile però. Pensatelo si, poi denudatevi, alzate il volume almeno a 30 e lasciate che "Pretty pictures" vi trapassi da parte a parte, poi pensate alla strada. Una volta vi avrei descritto una per uno le rimanenti traccie di un disco del genere, ma ora sono troppo impegnato a stringere fino a disnitegrare il telecomando del mio stereo, mentre faccio movimenti scomposti.
La morale? Semplice, Tirate fuori i vostri sporchi soldi per gli Zico chain!
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Recensioni 2007
domenica 16 settembre 2007
Big black - Atomizer
Ho pensato parecchio al problema, ed infine ho realizzato che la vostra è solo paura di rimanerci invischiati, senza poter uscirne. Oh bhe, è una paura più che comprensibile visto la mole di tagliole uditive seminate all' interno dell' opera, diciamo piuttosto che la proiezione di voi stessi post assiduo ascolto possa essere semplificata da un' immagine, ovvero quella di una volpe immobilizzata da 4 tagliole ( una per zampa ) a sua volta rinchiusa in una stretta gabbia ferruginosa ed arrugginita, senza contare che voi ( la volpe ) in quel preciso truce momento state ridendo di gusto. Follia da dolore. Spesso la stampa nostrana, per pubblicizzare la bontà di un lavoro, sottolinea a caratteri cubitali la presenza di Steve Albini in sala di produzione. Ve li immaginate questi imbellettati manager o chi per loro, nell' atto eiaculativo di dover annunciare Steve a monte di un' opera? Come dire: Briscola!. Certo, il signor Albini è senza ombra di dubbio un ottimo produttore, ma voi ricordereste Maradona per la coca o per le sue velleità calcistiche? Discorso chiuso. I Big black fannno sul serio, per intenderci è una serietà riconducibile a matrici di rock schietto come stooges o Captain Beefheart ma in tutt' altra direzione o forse meglio dire ad un piano sopraelevato. In Atomizer accade quello che non accade mai ( Anzi accade anche in Slow, deep and hard dei Type o negative che dio li benedica ) specie quando sei al cinema. Quanti di voi trascinati a forza dentro la sala hanno sperato che gli alieni sbucati dal suolo ci mangiassero tutti? Io fino all' ultimo. Parola d' ordine " Ossessivo " , il suono del Grande nero è crudo come certe hardcorepunk band nichiliste anni ottanta, pur mantenendo un sentore d' avanguardia industrial-primordiale che li catapulta dentro al cesto sporco in compagnia della top dieci degli schiamazzi della storia rock. E' iperrealista come in " Jordan, Minnesota " nel il suo testo esplicativo sulla Schizofrenia. Naviga sorretto da un vento dilaniante, prodotto a pieni polmoni da tutti gli assassini ed i maniaci più efferati della storia umana in " Passing complexion " e vive in ogni pulsione, in ogni nefandezza. " Kerosene " pezzo più riuscito dell'album, analizza la noia di vivere in un' esistenza vuota servendosi si chitarre d'acciao tagliente e rirmiche Hardcore. Atomizer finisce così per essere una cornucòpia di influenze per molti serial killer " musicali " che verranno.
Una delizia snervante.
Una delizia snervante.
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Avete mai riletto i classici?
domenica 2 settembre 2007
The Chesterfield kings / Psychedelic sunrise
Anche se continuo senza sosta la mia battaglia personale nei confronti di chiunque possegga " Here are the Chesterfield Kings " senza provare il desiderio di cedermelo ad una cifra abbordabile, oggi saluto ( per un breve periodo ) fiere del vinile e affaristi bastardi. Ne risentiranno positivamente le mie finanze e le mie vene che non dovranno essere recise. Lo faccio perchè i Chesterfield nel frattempo hanno ben pensato di farmi un regalo, un premio per la mia tenacia. Un' alba Psichedelica. Se Greg Prevost volesse finalmente accettare la mia proposta di apparirmi in sogno a costo zero, lo intervisterei, senza domande idiote su questo nuovo capitolo però, tanto lo sapevamo già che nel cuore tratteneva a stento un arcobaleno Rock'n'roll puro. Uno studio privato, l' uso esclusivo di strumenti vintage, ed ecco pronti 12 preziosi manufatti nei quali convergono e convivono armoniosamente molte delle influenze portanti della band, assegnando al rock della tradizione i gradi di capitano, collante e fondamenta di una struttura " ovviamente " garage. Su tutto, psychedelic sunrise stupisce per la semplicità di fusione degli stili. Ebbene, se " elevator ride " si presenta come una psichedelia garage dal ritornello solare, la successiva " Up and down " incede punk e ammiccante alla maniera delle bambole di New York. E poi ancora, influenze Stones ( Stayed too long ) Yardbirds, Pretty things e Nuggetts sound. Questo è quanto. Questo è quello che dovrete assimilare nelle prossime settimane e mesi. Perchè capire dai piccoli particolari come sia stato costruito questo disco non è solo un piacere, ma un dovere.
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